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Legge ripristino della natura: farà bene all’agricoltura?

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La legge sul riprestino della natura – presentata dalla Commissione Europea – fa parlare di sé e con non poche polemiche. Una legge che, con le sue inevitabili restrizioni, metterebbe in difficoltà il comparto agroalimentare, ecco il perché delle proteste degli agricoltori che però, va detto, sono state in parte accolte, infatti, alcuni elementi fortemente penalizzanti per le aziende agricole sono stati stralciati dal regolamento.

Coldiretti, in merito, esprime soddisfazione ribadendo che la tutela dell’ambiente e la perdita di biodiversità non si combatte con posizioni ideologiche, ma piuttosto favorendo lo sviluppo della multifunzionalità ed opponendosi all’omologazione ed alla standardizzazione delle produzioni.

Altra presa di posizione da parte della Commissione Europea – che scatena non poche preoccupazioni per gli operatori del mondo vinicolo – è lo studio complementare sull’impatto del regolamento Sur (Uso Sostenibile dei Pesticidi), pubblicato dalla stessa Commissione, che descrive fra le altre cose come irrilevante la prevedibile diminuzione della produzione di uva nella UE considerandola come una coltura non essenziale.

Ascoltiamo il commento di Micaela Pallini, Presidente Federvini:

«Lo studio SUR, pubblicato dalla Commissione Europea, è un grave attacco alla nostra cultura: l’Italia è uno dei principali produttori di vino al mondo, è uno dei pochi Stati dove ogni regione produce una denominazione di vino diversa, fonte di grande biodiversità. Il settore ha un fatturato di 12 miliardi di Euro e un export di 8 miliardi e, ricordiamo, che siamo la prima voce dell’export agroalimentare italiano. Pensare che la Commissione Europea non ritenga che la viticoltura sia una coltura essenziale è un grave attacco ad un’intera filiera che ha un grande valore aggiunto, genera milioni di posti di lavoro non solo nella vigna, ma anche in cantina e successivamente nella vendita e contribuisce in modo rilevante al bilancio commerciale nazionale ed europeo. Ricordiamo sempre che il viticoltore è il primo a prendersi cura del suo territorio, non solo della vigna, ma anche del bosco, degli invasi, di tutto ciò che lo circonda perché è la sua prima fonte di sostentamento e, quindi, è il primo interessato a mantenerlo sano evitando l’uso dei pesticidi, oltre a combattere l’uso indiscriminato di ciò che può danneggiare le colture. Abbattere, o rendere altamente inefficiente, questa coltura vuol dire mettere a rischio anche la cura del territorio e per noi in Italia un territorio molto fragile è questo, un punto importante su cui riflettere. Riteniamo, come Federvini, che questo atteggiamento sia inaccettabile, non si può far scomparire un intero settore della nostra economia: il vino è storia, tradizione, cultura e socialità. Chiediamo, quindi, agli Eurodeputati e agli Stati membri che prendano una posizione netta a difesa di questo tema. Il nostro settore deve essere aiutato e supportato in questo momento di transizione con atteggiamenti realistici che diano aiuto, visibilità e un calendario operativo, che sia effettivamente raggiungibile».

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