Chiusure, servizi ammessi e misure di ristoro per le imprese e a supporto dei numerosi addetti di filiera, costretti a non lavorare. Il settore Horeca italiano, si sa, è in panne. Ma che ne è degli altri Paesi europei colpiti dagli effetti delle misure restrittive imposte dai governi a seguito della cosiddetta “seconda ondata”?.
Da un’indagine Fipe emerge che le maglie si sono via via ristrette in tutta Europa nell’ultimo trimestre del 2020, man mano che i numeri del contagio segnavano una netta ripresa: eccezion fatta per la zona gialla in Italia e una rimodulazione a seconda della situazione locale in Spagna, la somministrazione di alimentari e bevande nei locali è stata vietata in tutti i maggiori paesi europei, e non solo nei giorni festivi di fine anno. Da novembre 2020 fino almeno alla metà di gennaio 2021, più del 90% dei pubblici esercizi è stato obbligato alla chiusura, mentre il restante 10% ha operato con restrizioni orarie.
Quanto alle misure di supporto economiche e al lavoro, varate dai diversi Stati europei, emergono delle differenze: alcuni governi hanno previsto ristori commisurati alle perdite di fatturato già del primo semestre 2020, mentre in Italia i ristori, compresi gli incrementi dei decreti bis, ter e quater, hanno sempre preso come riferimento il confronto con il mese di aprile 2019.
Dal punto di vista delle misure di supporto al lavoro, tutti gli Stati hanno effettuato interventi uniformi. Le rappresentanze economiche, Fipe Confcommercio in testa, chiedono a gran voce che il Governo colmi i divari nel prossimo decreto Ristori 5, considerato che la seconda ondata, e le conseguenti misure di rigorosa restrizione delle attività per i pubblici esercizi, sembrano aver già segnato negativamente il primo bimestre del nuovo anno.
