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RedazioneMangiare e bere fuoricasa è un’esperienza alla quale gli italiani non rinunciano e non vogliono rinunciare anche se, nell’ultimo anno, hanno dovuto fare i conti con gli aumenti delle consumazioni – da un lato – dall’altro hanno posto una maggiore attenzione alla spesa.
Ma i consumi fuoricasa sono ormai prassi sociale radicata nel nostro vivere, un settore che come riporta il recente Rapporto Italgrob-Censis, rende l’Italia migliore, non solo perché è un formidabile aggregatore sociale, ma perché capace di offrire quei momenti di micro-felicità ai quali tutti hanno il diritto di accedere.
Socialità che ben si concilia con una tendenza che sta emergendo, o meglio, sta tornando, nel mondo della ristorazione come il tavolo condiviso al ristorante. Leggiamo, infatti, che le osterie di una volta con i loro tavoli condivisi, stanno tornando di moda all’estero, ma lo “sharing table” può diventare un trend in crescita anche nel mondo della ristorazione del nostro Paese. Lo abbiamo chiesto a due addetti ai lavori.
Gabriele Canova, “Taverna del Conte” a Monzambano (Mantova), ecco il suo pensiero sullo sharing table:
«Sono il Conte della Taverna del Conte. L’universo ha senso solo quando abbiamo qualcuno con cui condividere le nostre emozioni: partendo da questo presupposto credo che il “table sharing” – che sta andando forte in Europa – debba diventare una opportunità anche per noi del nostro settore che dobbiamo essere sempre attenti ad ogni cambiamento e ad ogni innovazione che avviene. Questa potrebbe essere una grande opportunità perché io credo fortemente in questa cosa qua, perché oramai i ragazzi crescono e non vogliono più mangiare 2 piatti, 3 piatti, 2 primi, 2 secondi, ma la cosa più bella è mettere qualcosa in mezzo al tavolo e condividerlo. Quindi, non abbiate paura se i clienti vi chiedono qualcosa, proponete voi di mettere i piatti in mezzo e di condividere tutti insieme. Poter condividere è poesia nella prosa della vita».
Abbastanza filosofico il pensiero di Gabriele Canova, buon cibo e filosofia a volte sono molto più prossimi di quanto si possa pensare.
Il secondo contributo ci giunge dallo chef Maurizio Camilli, ristorante “La Piazza dei Mestieri” a Torino, lui è quello che sullo sharing table la pensa all’opposto di Canova:
«Sono Camilli Maurizio, gestore del Ristorante La Piazza dei Mestieri. Il mio è un ristorante particolare, con una scuola. Mi è stato chiesto cosa ne penso di questa notizia sulle tavole condivise, e bene, cosa posso dire… ho un pensiero molto particolare, nel mio modo di vedere ho degli spazi ampi, vedo più tavole anche un po’ più riservate, perché ho un pubblico di lavoro, per cui mi richiedono più posti più riservati. Per quanto riguarda la storicità dell’Italia, essendo mezzo laziale e mezzo piemontese, non ricordo grandi osterie con tavole condivise, più che altro grandi sagre di paese. Invece, sul cibo condiviso posso chiudere un occhio, mi può anche piacere questa parte anche per lo spreco».
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