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RedazioneNegli ultimi giorni c’è stata parecchia polemica e clamore intorno alla trasmissione di Report che ha parlato di birra, facendo le pulci e mettendo sotto attacco la birra industriale. Considerando le tecniche di inchiesta nello stile di Report la birra industriale non ne è uscita bene, mentre di riflesso la narrazione della puntata issava la birra artigianale a vessillo di qualità.
A parer nostro, come al solito, si è esagerato, del resto è nello stile della trasmissione. Già il titolo della puntata era del tutto allusivo: “Birra, e non sai cosa bevi”, parafrasando, al contrario, lo storico slogan di Renzo Arbore.
Ma l’attacco palese, insistente e tendenzioso verso determinate marche di birra ha sollevato e disseminato non pochi dubbi su tutta la categoria merceologica che, certamente, non merita di essere esposta al pubblico ludibrio con un reportage costruito ad arte per raccontare alcune storie piuttosto che altre, dove la verità che viene fatta emergere è come al solito solo quella ci chi costruisce la trasmissione. Una verità che lascia il tempo che trova, non è corretto fare di tutta l’erba un fascio visto che la qualità, evidentemente, non può essere solo ad appannaggio di taluni produttori, grandi o piccoli che siano.
Sì, è vero, ci sono ottime birre artigianali così come ce ne sono di meno buone, discorso che vale anche per le produzioni industriali. In altre, e poche, parole, non era il caso di fare ore e ore di trasmissione sulla rete pubblica a spese degli italiani per dire qualcosa di assolutamente scontato.
Detto questo viva la buona birra, il settore brassicolo italiano ricopre un ruolo centrale per l’economia nazionale, capace di creare valore, indotto economico e posti di lavoro: il comparto occupa, infatti, oltre 100mila operatori in oltre 1.000 aziende (1.012 realtà del settore tra birrifici, microbirrifici e malterie) e crea un valore condiviso di 10,2 miliardi di euro (equivalente allo 0,54% del PIL).
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