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RedazioneAperitivi e soft drink sono esperienze di consumo nel mondo del fuoricasa che rappresentano un tratto distintivo del cosiddetto italian style. I numeri sono molto interessanti: secondo un’analisi di mercato TradeLab, in 12 mesi in Italia vengono serviti oltre 850 milioni di aperitivi, di cui 580 milioni serali e circa 285 milioni pre-pranzo, per una spesa complessiva di oltre 4,54 miliardi di euro.
Un trend che coinvolge 14 milioni di italiani di età compresa fra i 18 e i 75 anni (pari al 32% della popolazione); il 24% corrisponde a persone di età superiore ai 55 anni. Non solo: il momento dell’aperitivo serale interessa tutto il Paese (48% al nord, 52% al Centro, Sud e Isole), anche se nell’area del Nord Est il rapporto tra aperitivi e uscite fuoricasa è maggiore. L’aperitivo diurno, invece, ha una forte concentrazione dei consumi nel Sud e Isole (45%).
Ma dal mondo aperitivi e soft drink qualche nuvola incombe: notizia di questi giorni è quella che prevede – a partire dal luglio di quest’anno – la definitiva introduzione dalla famosa Sugar Tax, un balzello più volte rimandato, una tassa che andrà a colpire i consumi di bevande e soft drink e, di riflesso, presenterà un conto più che gravoso ai produttori e ai distributori di bevande.
La domanda è: ci sono margini di manovra “politica” per evitare l’introduzione della tassa?
Lo abbiamo chiesto a Giangiacomo Pierini, presidente di Assobibe|Associazione dei Produttori Italiani di Bibite:
«Siamo fiduciosi. Tutti i partiti che compongono la maggioranza di Governo sono sempre stati contrari a questa tassazione. Inoltre, nella fase di discussione della legge di bilancio il Parlamento ha richiesto al Governo – con un’ampia maggioranza che comprende anche parte dell’opposizione, dal Partito Democratico ad Italia Viva, Azione – di superare una volta per tutte queste situazioni di impasse, arrivare quindi a una definitiva cancellazione, perché davvero è una spada di Damocle che pesa sulle imprese, che spaventa tutti perché avrebbe un impatto estremamente pesante, non solo sull’imprese del settore che rappresento, ma sull’intera filiera. Dalle stime che abbiamo fatto, abbiamo chiesto a Nomisma di aiutarci ad avere una maggior chiarezza rispetto a quelle che potrebbe essere gli effetti di una reintroduzione di una tassa che determina una crepa fiscale di circa il 38% per litro, quindi, parliamo davvero di una tassa pesante per l’imprese – e ricordo che il 64% di chi opera nel mondo delle bevande analcoliche in Italia è una piccola media impresa – quindi, avrà tutta una serie di difficoltà anche legate alla burocrazia, si parla di oltre 70 nuovi adempimenti, ma gli effetti negativi della tassa determinerebbero un caldo di volumi che si stima intorno al 16%, ovviamente, avrebbero un impatto sull’intera filiera, con necessari riverberi anche sul tema dei prezzi verso i consumatori. La stima parla, appunto, di un calo del 16% delle vendite, che significherebbe una minore riduzione di acquisto di materia prima italiana per 400 milioni di euro e le minori vendite per l’impatto sui posti di lavoro si stima di oltre a 5000 unità, quindi parliamo di una situazione che sarebbe insostenibile per tutti a partire ovviamente dalla filiera, ma anche pensando ai consumatori perché i prezzi aumenterebbero».
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