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RedazioneBeverage, un settore che ha un valore di 26 miliardi di euro e conta oltre 3.300 imprese industriali con 43.000 addetti. Nello specifico, rappresenta il 15% dell’intero comparto agroalimentare per valore della produzione e il 21% delle esportazioni.
Come vanno i consumi in Italia?
Lo studio di Nomisma li valuta sobri, ma in lieve ripresa e con dinamiche a seconda della categoria molti diversificate: negli ultimi dieci anni c’è chi va giù e c’è chi va su: le acque minerali hanno trainato i consumi (+29,1% sul 2013), seguite dalla birra (+20,9%), in flessione, invece, spirits (-10,7%) e soft drinks (-4,0%).
È quanto emerge dalla ricerca “Le bevande in Italia. Tematiche e tendenze” realizzata da Nomisma e presentata a Vinitaly nell’evento organizzato da Agronetwork, l’Associazione fondata da Confagricoltura, Nomisma e Luiss.
Il settore delle bevande in Italia conta oltre 3.300 imprese industriali, un fatturato di 26,1 miliardi di euro e 43.000 addetti. Nello specifico, rappresenta il 15% dell’intero comparto agroalimentare per valore della produzione e il 21% delle esportazioni. A trainare il comparto è l’export, che nel 2024 ha toccato quota 12,3 miliardi di euro, con un balzo dell’86% rispetto al 2014. I mercati chiave restano Europa e Stati Uniti, con questi ultimi che assorbono da soli il 23% dell’export beverage italiano.
Gli USA rappresentano un partner strategico per il Made in Italy, soprattutto per: vini spumanti (27% dell’export solo per il Prosecco) acque minerali (41%) spirits (25%). Numeri importati per l’economia del settore che speriamo i preannunciati dazi di Trump non facciamo danni irreparabili.
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