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RedazioneAl via ieri, a Verona, la 57ª edizione di Vinitaly, un’edizione dove si parla soprattutto di dazi, dopo l’annuncio di Trump che ha fissato – bontà sua – al 20% la gabella per l’importazione dei prodotti agroalimentari italiani negli States. Il settore vitivinicolo nazionale stima danni per 323 milioni di euro ed è questo il tema centrale al Vinitaly 2025 dove ci sono oltre 3.000 buyer americani presenti in fiera.
Secondo una stima di UIV sul vino esportato lo scorso anno, verso gli Stati Uniti, di 480 milioni di bottiglie tricolori spedite, quest’anno il 76% sarebbe esposto a oscillazioni dei prezzi tali da portare le etichette fuori mercato. UIV ritiene assolutamente necessario fare un patto tra le nostre imprese e gli alleati commerciali d’oltreoceano che traggono parecchio profitto dai vini importati; serve condividere l’onere dell’extra-costo ed evitare di riversarlo sui consumatori.
Il timore è che si inneschi un gioco al rialzo senza via d’uscita sulle tariffe tra l’amministrazione americana e quella europea, che penalizzerà entrambe le parti. «Una decisione che apre diversi fronti sul futuro dei nostri prodotti – ha commentato Francesca Poggio, vicepresidente delle Donne del vino. – La speranza è che gli USA possano prevedere delle eccezioni. Ma al momento, dover superare barriere così alte vuol dire mettere in conto perdite importanti. Si prevede, infatti, che diversi importatori rinuncino almeno a una parte del vino italiano per contenere i costi. Considerando che si partiva dal 200%, la decisione di applicare dazi al 20% se da un lato sembra più leggera, dall’altro creerà molte difficoltà. Credo però che la nostra forza dovrà restare il rapporto qualità/prezzo» ribadisce Francesca Poggio.
Focalizzando lʼattenzione su cibi e bevande, il valore delle esportazioni agroalimentari nel 2024 ha raggiunto la cifra record di 7,8 miliardi di euro. Dopo il vino – che è il prodotto più venduto – seguono olio e pasta (un miliardo) e formaggi (cinquecentocinquanta milioni). La conta dei potenziali danni è già in atto.
Una prima stima di Federalimentare intravede una potenziale perdita di almeno il 10% del fatturato, pari a oltre settecento milioni di euro, mentre per Coldiretti l’incremento dei costi dei prodotti agroalimentari al dettaglio per i consumatori americani potrà toccare 1,6 miliardi di euro.
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