L’assenza di una rappresentanza di categoria unica e unita all’interno del dibattito politico. È lo scotto che paga, oggi più che mai, il comparto della ristorazione italiana. Un settore da sempre percepito come fondamentale per l’economia e in costante crescita penalizzato tuttavia, dall’incapacità degli imprenditori di fare rete e dalla difficoltà di creare un’unica e omogenea associazione di categoria. Secondo Fipe l’Italia è il terzo mercato europeo dopo Spagna e Regno Unito, con il 35,7% dei consumi alimentari per un giro d’affari di 86 miliardi di euro.
Numeri che saranno indubbiamente stravolti per il 2020, causa Covid-19, ma che confermano quanto la ristorazione sia un settore centrale. Eppure la pandemia ci ha dimostrato quanto poco siano rappresentate le esigenze del comparto all’interno del dibattito politico. Molti imprenditori infatti si riuniscono in associazioni di categoria spesso su base locale, che non hanno poi voce in capitolo a livello nazionale.
Insomma, se è vero che la politica ha lasciato nel dimenticatoio una categoria così rilevante come quella dei ristoratori, è anche vero che da parte di questi ultimi troppo spesso prevale un atteggiamento individualista.
«L’italiano – ha detto la chef Cristina Bowerman, presidente degli Ambasciatori Del Gusto – non nasce per fare gruppo: dire che ci sarà una voce unica che rappresenta gli interessi di tutto il settore è utopico. Tuttavia riuscire finalmente a ottenere dei risultati andando oltre gli interessi individuali è sicuramente un successo. L’importante poi è provarci, formare un gruppo e fare pressione sulle istituzioni, magari sbagliando: del resto, solo chi fa può sbagliare».
Intanto, per risollevare le sorti della ristorazione, si deve incrementare il delivery, tramite piattaforme o tramite sistemi autonomi, ricordando ai clienti che la consegna a domicilio verrà effettuata nel rispetto delle norme igienico-sanitarie. Altro aspetto da curare è il digital marketing, con particolare attenzione ai social media. Poi migliorare il menù, eliminando quei piatti che appesantiscono la linea produttiva o che vengono poco ordinati. Insomma vivere un’esperienza da clienti all’interno del proprio locale, così da ottimizzare i costi e correggere anche i più piccoli difetti.