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RedazioneIl vino, la categoria i cui consumi – negli ultimi tempi – non brillano particolarmente, ma c’è un’eccezione che si chiama PROSECCO: un successo non solo sul mercato italiano, ma anche e soprattutto all’estero.
Negli Stati Uniti, in particolare, è boom. Si è passati, in 15 anni, da zero a oltre 500 milioni di dollari, conquistando una quota record del 31% dei consumi a valore di tutti i vini italiani, mettendo la freccia nei confronti dello Champagne, superato nei volumi e nel fatturato al consumo.
Un vero e proprio boom confermato dai dati dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly.
Per quanto riguarda l’export negli States resta il timore dei dazi, ma pare che non tolgano propriamente il sonno ai nostri produttori. In occasione del recente Vinitaly Usa, a Chicago, il settore sembra tornato con qualche preoccupazione in meno rispetto al recente passato. Anzi, si torna a respirare un’aria positiva con un sentiment diffuso di una reazione concreta di produttori, importatori e distributori alle turbolenze di questi ultimi mesi. È unanime la percezione espressa dalle 250 aziende espositrici (il 20% in più dello scorso anno, per 2.000 etichette): l’argomento dazi non è più il tema dominante nei meeting e gli importatori e i distributori – provenienti in massima parte da Usa, Canada e Messico – sono stati più ottimisti e disposti a discutere programmi di vendita, degustare e parlare di nuovi progetti.
Uno dei temi principali emersi – spiega Veronafiere – è stato quello del coinvolgimento di Millennials e Gen Z: i giovani consumatori sono nativi digitali, vivono con lo smartphone in mano e interagiscono principalmente online. Quindi, il mondo del vino Italiano, guarda e pensa positivo, come giusto sia.
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