Il nuovo DPCM, appena entrato in vigore, ha fatto da un lato tirare sospiri di sollievo, dall’altro però il settore Horeca non mancherà di subire ulteriori e gravi perdite. Per i ristoratori, infatti, non si prospettano importanti o traumatici cambiamenti mentre i bar e le attività di catering si preparano ad affrontare, dal punto di vista degli incassi, una stagione magra a cui si aggiungeranno gli impatti dell’aumento dello smart working. Per loro si prospetta una perdita secca di almeno 500 milioni al mese. Il divieto di consumo di alcolici in piedi fuori dai locali e pub spazza via il rito dell’affollato happy hour gomito a gomito e delle bevute che fanno la fortuna di tanti esercizi specializzati nel dopo cena. Stop dunque alla movida: il solo consumo consentito, fino all’11 novembre, quando scadrà il DPCM, è al tavolo.
«È chiaro che la priorità assoluta per ciascuno di noi deve essere quello di scongiurare una nuova chiusura generalizzata – fanno sapere da Fipe – ma se si vuole che questo sistema funzioni è necessario che lo Stato ci metta nelle condizioni di sopravvivere, destinando immediatamente contributi a fondo perduto per coprire i mancati incassi. Allo stesso tempo è indispensabile che sindaci e presidenti di Regione incrementino i controlli nelle zone della movida per punire i comportamenti irresponsabili e scorretti. L’obiettivo deve essere quello di ridurre al minimo la durata delle nuove misure restrittive».
Il nodo che preoccupa gli operatori del settore resta sempre lo stesso: i tempi con cui arriveranno i fondi di ristoro.