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Diamo un occhio al mondo dei consumi fuoricasa, non tanto dal lato dei consumi food & beverage – come di consueto accade – ma analizziamo degli aspetti inconsueti, ma non meno importanti: il bar, ad esempio. Per quanto tempo un cliente può occupare un tavolo anche solo per prendere un caffè?
La notizia di un locale torinese, che ha imposto il limite di 90 minuti per occupare il tavolo, ha riacceso la discussione sui diritti dei clienti e sulle regole dei pubblici esercizi. Oppure, l’utilizzo dei bagni se non si consuma, è consentito? Insomma, come ci deve orientare?
Per rispondere a queste domande, abbiamo coinvolto il nostro esperto Avv. Alessandro Klun giurista in materia di legislazione ristorativa ed autore del libro “A cena con diritto” (Flaccovio Editore).
Avvocato Klun, esiste una legge che stabilisce un tempo massimo di permanenza al tavolino di un bar per la consumazione?
«In Italia non esiste una legge che stabilisca un tempo massimo generale entro cui un cliente deve lasciare un tavolo di un bar o di un ristorante dopo aver ordinato. Quindi, chi gestisce il locale può stabilire regole interne, ma solo se le comunica chiaramente ai clienti attraverso un cartello o un menù all’ingresso con un apposito avviso. In mancanza, si applica il principio, diciamo così, del tempo congruo, cioè un lasso di tempo ragionevole per consumare senza abusare dello spazio. Così, ad esempio, chi ordina solo un caffè, è buonsenso che non occupi il tavolo per ore. Oppure, se il bar è molto affollato e c’è gente in attesa, può essere considerato corretto, secondo buonsenso, che il gestore chieda di lasciare il tavolo. In sintesi, non c’è una legge che impone un limite fisso di tempo. Tutto dipende dalle regole del locale, se comunicate, e dal buonsenso».
Per quanto riguarda l’uso del bagno senza consumare, c’è un obbligo da parte del gestore?
«La legge prevede che bar, ristoranti, locali che fanno somministrazione alimentare, cioè permettono di sedersi e consumare, debbano avere un bagno a norma. Ma questo obbligo non significa che chiunque entra può utilizzarlo. Il bagno è a disposizione solo dei clienti che consumano. Quindi, se si entra senza consumare, il gestore può legittimamente negare l’accesso ai servizi. Non sussiste alcun obbligo di far usare la toilette a chi non consuma. Solo chi acquista, anche qualcosa di minimo, ha il diritto a usarla. Alcuni comuni possono imporre che i locali rendano disponibili i bagni anche a chi non consuma. Ad esempio, in certe città è in vigore una disposizione locale che obbliga i bar e ristoranti ad aprire il bagno anche ai passanti».
Per concludere, quali sono i suggerimenti dell’Avv. Klun, lì dove non ci sono indicazioni legislative precise, per evitare discussioni e disservizi?
«Per tutte le situazioni in cui non è possibile far riferimento a norme di legge precise, è necessario far prevalere sempre il buonsenso. Così, ad esempio, per il tempo massimo di permanenza al tavolo è necessario ricorrere ad un cartello ben visibile, ad una nota sul menù o un QR code, che indichi il tempo massimo di permanenza. Consiglio anche di applicare la regola in maniera flessibile, ad esempio, soltanto nelle ore di punta. Lo stesso vale per l’uso dei servizi igienici: affiggere un cartello in cui si avvisano i clienti che i servizi sono riservati soltanto a chi consuma; introdurre una consumazione minima, ad esempio una bottiglia d’acqua, per consentire l’accesso al bagno; prevedere eccezioni ragionevoli a favore ad esempio di bambini piccoli, donne in stato di gravidanza o situazioni di emergenza. Sono tutte regole generali che aiutano a prevenire conflitti in quanto si basano su una comunicazione chiara, trasparente, volta a consentire al cliente di conoscere le regole prima di sedersi e di effettuare un ordine. Peraltro, è rilevante anche l’uso di un tono gentile: cioè un messaggio giusto, se detto male, può creare problemi».
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