Inflazione, carovita, recrudescenza della pandemia: si prospetta un autunno molto molto caldo, dove probabilmente si dovranno fare i conti anche con la mancanza di gas. La Gazprom è pronta a tagliare le forniture, noi non siamo ancora pronti con i nuovi fornitori e a farne le spese ci sarà anche il mercato dei consumi fuoricasa.
È già scritto nel piano di emergenza messo a punto dal Governo dove uno dei primi effetti dei razionamenti dell’energia – nel caso dovessero attuarsi – sarà una sorta di coprifuoco per locali privati e negozi. Bar, ristoranti, discoteche saranno costretti a chiudere alle 23:00, mentre per i negozi la saracinesca si butta giù alle 19:00.
Fra le altre notizie poco gratificanti per il mercato fuoricasa di questi giorni c’è la pubblicazione della relazione annuale dell’INPS nella quale emerge per l’Horeca un quadro abbastanza deprimente: secondo le analisi dell’Istituto di Previdenza Nazionale il 64,5% degli addetti di ristoranti e alberghi è considerato “lavorativamente povero”, cioè praticamente sottopagato se non sfruttato. Nel settore finanziario, giusto per avere un termine di paragone, la percentuale è solo del 5%, nel settore Horeca – denuncia il presidente dell’INPS – occorre introdurre correttivi per far ottenere alle persone un reddito dignitoso.
Bene, ottima proposta, l’INPS fa la sua denuncia da applausi e si ferma lì. Ci chiediamo: quali sarebbero queste soluzioni? Aumentare i listini al ristorante almeno del 50%? Portare la tazzina di caffè a 2 euro? Oppure rivedere di netto, ma molto di netto, il cuneo fiscale per chi lavora nel mondo Horeca?
Il 64,5% di “lavoranti poveri” non piace a nessuno, tantomeno a quei datori di lavoro che devono fare i salti mortali per far quadrare i conti, che lavorano quanto, e forse più, dei loro dipendenti e che a volte passano pure per negrieri.
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