La notizia che preoccupa parecchio produttori e distributori, in questi giorni, riguarda le ormai famose etichette allarmistiche sul vino: via libera dell’UE verso l’Irlanda dove potranno adottare un’etichetta per vino, birra e liquori con avvertenze terroristiche – della serie “se bevi muori” – atte a scoraggiare i consumi e frenare gli abusi, a parere degli irlandesi.
Etichette che, ovviamente, rappresentano una barriera per i produttori di Francia, Spagna e Italia in testa, dove vi è il timore che tale concessione possa essere propedeutica, da parte della UE, ad altre restrittive iniziative comuni sull’etichettatura degli alcolici.
Sul punto abbiamo raccolto le dichiarazioni di Micaela Pallini, presidente di Federvini:
«Questa notizia, anzi questa conferma, del Governo irlandese che intende procedere entro il 2026 all’inserimento di informazioni salutistiche secondo loro (secondo noi allarmistiche), in cui si lega il consumo di bevande alcoliche all’eventuale insorgere di fenomeni tipo il tumore, ci allarma moltissimo. L’Unione Europea in questo è stata ferma, non ha ascoltato la voce di 9 Paesi che si sono fatti vivi da prima, poi al WTO il Governo irlandese è stato silenzioso, è stato sordo agli appelli di altrettanti Paesi di tutto il mondo. Secondo noi è un danno molto importante alla reputazione dei nostri prodotti e, oltretutto, non è una corretta informazione. Per noi è importantissimo contrastare l’abuso di alcool, ma questa è un’informazione che slega completamente il consumo dall’abuso e non dà una corretta informazione ai nostri consumatori, pertanto, riteniamo che non sia utile, anzi è dannoso, perché questo danneggerà i consumatori attenti senza sicuramente influenzare il consumo di chi eccede. Noi come Federvini e altre associazioni europee abbiamo presentato un esposto alla Commissione Europea per aprire una procedura di infringement verso l’Irlanda. Vedremo se ci staranno a sentire».
Nessuna corretta informazione, un danno enorme. Queste le dichiarazioni del presidente di Federvini che annuncia battaglia. Che si tratti di un pericoloso precedente lo afferma anche Coldiretti, un precedente che rischia di aprire le porte a una normativa comunitaria che metterebbe a rischio una filiera che in Italia – dal campo alla tavola – garantisce 1,3 milioni di posti di lavoro ed è la principale voce dell’export agroalimentare.
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