Parliamo di doggy bag, certamente un sistema che se ben messo in pratica potrebbe limitare il problema del cibo che finisce in spazzatura, ma è davvero questo il problema della ristorazione? Far sì che il cibo avanzato nei piatti finisca delle pance dei nostri amici a 4 zampe? Ammesso e non concesso che, una volta portato via dal ristorante, ci finisca davvero.
La pratica della doggy bag è già in atto da tempo, ma imporla per legge come se fosse la soluzione dei problemi della ristorazione italiana e dell’impatto ambientale è la solita trovata dei nostri governanti che dimostrano di non avere idee migliori. Ai ristoratori, comunque, complessivamente non dispiace – del resto la loro disponibilità è ben nota – ma è opportuno specificare che imporre per legge comportamenti virtuosi, o piuttosto educare, c’è tutta la differenza del mondo.
Sul tema della sostenibilità ambientale nel mondo Horeca c’è sempre più consapevolezza: un’indagine di TheFork, di qualche mese fa, attestava che sono sempre di più i ristoranti vocati all’ambiente in Italia, infatti, negli ultimi due anni più dell’80% dei ristoratori italiani ha adottato soluzioni più rispettose dell’ambiente nella gestione del proprio business. Azioni sostenibili che interagiscono – senza bisogno di diktat legislativi – con le naturali regole di mercato.
Sempre dalla ricerca TheFork leggiamo che il 64% consumatori ha prenotato almeno una volta negli ultimi dodici mesi in un ristorante a Km zero. In particolare, l’83% degli utenti dichiara di porre particolare attenzione alle materie prime di stagione, a Km zero, di propria produzione o di provenienza equa e solidale, mentre il 44% afferma di ritenere importante il recupero e il riutilizzo del cibo avanzato (44%) la doggy bag quindi ci sta, ma senza imporre multe e sanzioni.
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