Editoriali

Ripartenza alla cieca

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L’Ho.Re.Ca. riparte con entusiasmo, ma in confusione. Il protocollo sulle riaperture viene interpretato con la flessibilità di un contorsionista da circo: sulla regola dei “4 o più commensali per singolo tavolo” le interpretazioni divergono. Si può più di 4 solo se si è conviventi, ma vale solo in zona gialla? Sulla regola dei 4 per tavolo vi è confusione anche al Ministero della Salute e sulla questione si sono espressi alcuni funzionari. «Questa restrizione dovrebbe intendersi superata». Il condizionale è d’obbligo, sono burocrati, l’unica certezza che hanno è lo stipendio a fine mese. Infatti, hanno poi aggiunto «Sono in corso approfondimenti». Forse faranno i 4+2 giocandosi la convivenza e, nel frattempo, giusto per non sbagliarsi, i ristoratori italiani fanno di testa propria. Nell’ultimo week end, 2 giugno compreso, locali strapieni, tavoli strapieni con la regola del 4 che non valeva neanche in bagno.

Una ripartenza pancia a terra, di quelle che tutti volevano e che tutti speravano, finalmente è arrivata! Quello che non arriva però è il personale di servizio. Lo denuncia FIPE: “I locali italiani sono alla ricerca di almeno 150mila tra cuochi, barman e camerieri”.

Ma scusate, dove sono andati a finire quelli che c’erano prima del Covid?

Pare che in diversi hanno preso armi e bagagli e sono andati all’estero in cerca di fortuna e di maggiori guadagni, altri invece (dicono) siano impegnati a spendere i soldi del reddito di cittadinanza, mentre le giovani leve non sono molto allettate dal lavoro in bar e ristoranti.

Secondo Gianluigi Alessio – Direttore Amministrativo dell’Istituto Alberghiero Amerigo Vespucci di Roma – le aziende di ristorazione vogliono giovani già formati per offrire loro poco più di 300 euro al mese. Una miseria per la quale non vale la pena scarpinare mezzogiorno e sera fra i tavoli di un ristorante. Meglio al mare, è più fresco e sudo meno. I gestori non vogliono investire sul futuro, unica regola: strozzare i costi? È il cane che si morde la coda. È vero che riparte pancia a terra, ma forse un po’ troppo a terra. Con la bramosia (anche giustificata) di recuperare il terreno perduto ci si getta a capofitto nella tanto agognata ripartenza cercando di spremere ogni possibile limone, anche quelli marci.

La crisi da Covid pare non abbia innescato la necessaria innovazione. La maggior parte degli operatori ha subito passivamente il tracollo con la mano tesa verso i ristori (per carità, assolutamente dovuti) sperando di poter riaprire, come prima, quanto prima.
Secondo l’ultimo rapporto ISTAT, il 27 % delle imprese del settore legate al turismo (e la ristorazione è da quelle parti) non sono ancora riuscite a pianificare strategie di reazione alla crisi, mentre solo poco più di un quinto ha reagito diversificando l’attività fornendo nuovi servizi creando partner-ship.

Il timore fondato è che, passata la sbornia della ripartenza e dopo una stagione estiva che sarà certamente fantastica, il settore dovrà fare i conti con i ritardi accumulati. E non tutti per colpa del Covid.

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