La birra è una categoria che registra un buon trend di crescita, come attesta il recente Report annuale di Assobirra: consumi interni al +6% nel 2022 rispetto all’anno prima con 22,3 milioni di ettolitri di birra bevuta in Italia, in aumento di oltre un milione rispetto all’aggregato 2019.
Parlando di produzione, poi, in Italia si sono prodotti complessivamente 18,4 milioni di ettolitri, +3,3%, ma cresce anche la quota dell’importazione con 7,8 milioni di ettolitri importanti, ovvero +10% rispetto al 2021.
Un quadro, quello italiano, che per certi versi va in controtendenza con i consumi a livello globale. Infatti, secondo le analisi di IWSR che analizza il cambiamento delle preferenze dei consumatori di birra a livello internazionale, nel decennio fino al 2021 il consumo globale di birra è diminuito del 4%. Per contrastare questa tendenza in calo, in molti mercati, i principali produttori di birra hanno adottato una strategia di “premiumizzazione”, espansione in nuove categorie e un focus sul segmento di birra no alcol e a bassa gradazione.
Sempre dallo studio di IWSR si evince che promuovere il valore attraverso la premiumizzazione ha consentito, e consente, ai produttori di vendere la loro birra a un prezzo più alto, diluendo in questo modo l’impatto di qualsiasi pressione al ribasso sul consumo. Infatti, dopo il Covid la crescita del valore della birra è stata doppia rispetto alla crescita del volume.
I produttori di birra hanno spostato l’attenzione dai modelli basati sul volume a quelli basati sul valore. La premiumizzazione è stata raggiunta in tre modi principali: attraverso la premiumizzazione dei marchi esistenti, investendo nella birra artigianale e prestando maggiore attenzione a diverse varietà e marchi di birra specializzati.
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