Il settore vino è abbastanza in chiaro scuro, anzi, più scuro che chiaro. L’ultimo rapporto firmato ISMEA parla di un 2024 con ricavi ridotti, non solo per le vendite in calo, ma anche per l’aumento dei costi di produzione e del denaro, fattori che molti produttori di vino hanno toccato e stanno toccando con mano – guardando ai bilanci – e che, con ogni probabilità, secondo ISMEA saranno “sgraditi ospiti” anche nel 2025.
Ma a pesare sugli operatori sono anche, o soprattutto, le incertezze e i timori per quale potrà essere l’evoluzione del mercato globale del vino nel medio-lungo periodo. Infatti, secondo l’Osservatorio del Mercato Europeo del Vino e altri esperti del settore, si identificano tre fattori principali che contribuiscono al calo del consumo di vino: inflazione e recessione economica in primis, con la riduzione dei redditi disponibili; a seguire, le preoccupazioni per la salute e cambiamenti sociali, in una tendenza che si prevede a lungo termine. Infine, il cambiamento delle preferenze con i consumatori che, sottolinea Ismea, preferiscono sempre più altre bevande alcoliche rispetto al vino.
La speranza per una ripresa della domanda, secondo gli analisti, è legata alla capacità di conquistare i giovani e adattare l’offerta anche perché i Boomer, che hanno guidato la crescita del mercato, diminuiscono fisiologicamente ed il target, auspicabile per i produttori di vino, diventa la GenZ, anche se in generale la capacità di comunicazione del sistema delle imprese del vino viene giudicata strutturalmente ancora inadeguata.
Da tenere sott’occhio, poi, il progressivo cambiamento nelle preferenze che sta premiando sempre più bianchi e spumanti, rispetto ai vini rossi.
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