Il Food Delivery è il settore che, dopo la crescita boom registrata negli anni della pandemia – nel biennio 2020/2021 – vive attualmente una fase di stasi, dove i conti per gli investitori non tornano.
A sottolineare la situazione di crisi del comparto è il Financial Times, sul quale si legge che, da quando si sono quotati, i colossi del food delivery – da DoorDash, a JustEat, a Delivery Hero (Glovo) e Deliveroo – hanno accumulato perdite per 20,3 miliardi di dollari, imponendo agli investitori un passo indietro.
Più di un big – parliamo di piattaforme come Uber Eats, Getir, ecc. – ha deciso di abbandonare la competizione, mentre altri ostentano maggiore sicurezza, ma i conti non tornano. Conti che non tornano neanche per i lavoratori, i famosi rider, di cui si conoscono le battaglie per i salari troppo bassi, settore questo sotto osservazione anche dagli enti regolatori e dai gruppi sindacali per le condizioni di lavoro e l’algoritmo che ne regola l’attività.
Per loro una nuova regolamentazione che dovrebbe favorirli, ma è tutto da vedere. La nuova regolamentazione riguarderà oltre 28 milioni di lavoratori in Europa, operanti su più di 500 piattaforme digitali. Nel 2025 potrebbero toccare i 43 milioni, considerando il consolidamento dei lavori tipici della gig economy.
Il 24% di questi lavoratori è coinvolto nella consegna di cibo e spesa, ma il 55% guadagna meno del salario minimo orario, se previsto, e il 41% del loro tempo di lavoro non è retribuito (per esempio durante la ricerca e attesa di incarichi). Inoltre, ben il 93% è costituito da lavoratori autonomi che non godono dei diritti tipici del lavoro dipendente. I conti tornano poco anche ai ristoratori che devono pagare un fee di ingresso di almeno €200 per attivarsi sulle piattaforme e poi pagare una percentuale che arriva fino al 35%, senza contare poi il rischio di ritrovarsi senza ordini, e devono aderire alle campagne di consegna gratuita o a 1 euro.
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