Editoriali

Corsa ad ostacoli

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Pare che il mondo Horeca sia finalmente ripartito. Regioni quasi tutte bianche, coprifuoco come ricordo della crisi che fu e tanta voglia di fuoricasa repressa a forza nei 15 lunghi mesi di pandemia. Bello rivedere ben frequentati locali che hanno riaperto e la soddisfazione dei clienti al banco del bar che sorseggiano il loro caffè, anche se la mascherina è penzoloni, ma va bene comunque, il sorriso finalmente si vede! Sono ripartiti molto bene i locali Horeca, in special modo nelle zone di villeggiatura, nelle grandi città invece, complice anche lo smart working, si va ancora a rilento. Una prassi, quella del lavoro a casa, dalla quale non si tornerà più indietro anche se non applicata al 100% come nelle settimane del lockdown.

Un cambiamento, e non è il solo, del quale si dovrà tenere debitamente conto nel fare i conti di quando tutto il settore del fuoricasa tornerà ai livelli pre-Covid.  

Qui nessuno si sbilancia davvero, ma ormai si parla almeno del 2023. Ad andare bene. Tuttavia, il problema in questo momento non è capire e stabilire quando si tornerà al giro d’affari dell’era pre-Covid – che ricordiamo era di 86 e passa miliardi di euro a fine 2019 – ma il raggiungimento di questa stratosferica somma, che nel 2020 è stata decurtata del 37%, può essere un obiettivo forviante. Il problema adesso è capire quale strada intraprendere, quali sono i punti critici che il sistema Horeca deve affrontare e risolvere per poter puntare al futuro.

Per dare risposta a queste fondamentali domande invitiamo a consultare due autorevoli studi che cercano di dipanare questa matassa, indicando i possibili e, per certi versi, necessari percorsi che il settore dei consumi fuoricasa, con annessa filiera, dovrà intraprendere per superare definitivamente questa fase critica.

Il primo è uno studio redatto da Deloitte dal titoloDove mangeremo quando l’emergenza Covid sarà finita?” che analizza nel dettaglio ogni singolo aspetto del mercato Horeca mettendo in evidenza le specifiche ragioni che sono alla base della possibile riduzione dei consumi out of home nel prossimo futuro.

L’altro interessante documento è rappresentato dagliatti del Forum Ambrosetti “La Roadmap del futuro per il Food&Beverage” il quale fra gli elementi critici mette in evidenza la natura stessa del nostro settore Food&Beverage. L’analisi, che contempla tutto il settore – canale consumi domestici ed extradomestici tra produttori, distributori, punti di consumo e punti vendita, è emblematica: il F&B italiano risulta ancora troppo frammentato, composto per l’89,5% da imprese che generano un fatturato annuale inferiore ai 10 milioni di euro e contribuiscono ai ricavi per una quota del 15,2%, a differenza delle grandi imprese con un giro di affari superiore ai 50 milioni di euro che, pur essendo solo il 2,6% delle realtà complessive, contribuiscono da sole a generare circa il 60% dei ricavi totali del settore. La dimensione ridotta, sostiene lo studio Ambrosetti, ritarda e crea più resistenze a investire.

Insomma si è ripartiti, ma la strada è ancora lunga e piena di ostacoli e, nel frattempo, pur correndo si continua faticosamente a zoppicare.

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